DISTURBO EVITANTE DI PERSONALITA’: Il dolore di non appartenere

Timidi, chiusi, bloccati, lontani, diversi, come avvolti in una nebbia, come se li separasse un muro dagli altri, così appaiono gli evitanti nella nostra percezione.

Disturbo evitante di personalità fa parte dei disturbi dell’Asse II del DSM-IV e comporta un generale disagio nelle relazioni sociali della persona che ne è portatrice. Il punto centrale di questo disturbo è la sensazione dolorosa di non riuscire a condividere le esperienze con gli altri e ad appartenere ai gruppi. La percezione di diversità in queste persone è fondamentale. La dinamica del disturbo è determinata e mantenuta dal senso di estraneità e dal senso di non appartenenza, vuoto interno e solitudine (Dimaggio, Semerari, 2003). Questo conduce la persona ai comportamenti di evitamento sociale e di tendenza ad intraprendere attività o passatempi solitari come ad esempio guardare i film, leggere, dormire. Nel timore di essere disapprovate o criticate, le persone con questo disturbo evitano attività o lavori che implicano interazioni con gli altri.

Le principali caratteristiche del Disturbo evitante di personalità

Il DSM-IV descrive questo disturbo con le seguenti caratteristiche:

  • una modalità pervasiva di inibizione sociale,
  • sentimenti di inadeguatezza
  • ipersensibilità alla valutazione negativa.

Gli evitanti tendono a collegare il senso di inadeguatezza con l’aspettativa di essere rifiutati dagli altri o di ricevere il giudizio negativo. In ogni caso il timore di sentirsi imbarazzato ed umiliato ed il concetto di sé come socialmente incompetente porta l’evitante ad essere molto diffidente nelle relazioni. Così l’evitamento, come fuga dai rapporti con gli altri, diventa una modalità preferenziale di comportamento per difendersi dalle emozioni sgradevoli (Dimaggio, Semerari, 2003).

La chiusura sociale di solito è graduale e non comprende i rapporti familiari d’appartenenza che spesso sono vissuti con una forte dipendenza e conflittualità allo stesso tempo. Si tratta di nuclei familiari compatti e chiusi, dove il bambino poteva essere anche oggetto di continui giudizi di inadeguatezza e di umiliazioni, ma la famiglia sempre rappresentava la principale fonte di sostegno di fronte ad un mondo freddo, cinico e poco sicuro. Tuttavia i genitori dei pazienti con il Disturbo evitante di personalità risultano spesso umilianti, rifiutanti, inflessibili e interessati fornire un’immagine sociale impeccabile (Benjamin, 1996).

Le persone con il disturbo evitante di personalità tendono ad avere l’autostima bassa con pensieri automatici autocritici, ipersensibilità al rifiuto sostenuta dal senso di estraneità e di una rappresentazione di sé inadeguata. Inoltre grazie alla tendenza al ritiro sociale e all’isolamento non di rado questo disturbo è associato agli stati depressivi (Alnaes, Torgersen, 1997).

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Profilo di disfunzioni nel Disturbo evitante di personalità:

  • difficoltà di riconoscere propri stati mentali;
  • un deficit nella capacità di associare le variabili del proprio stato mentale e comprenderne il collegamento con le variabili ambientali;
  • difficoltà di padroneggiare esperienze problematiche;
  • un deficit di decentramento.

Disturbo evitante di personalità in relazione con altri disturbi

Il Disturbo evitante di personalità condivide caratteristiche comuni con altri disturbi soprattutto con la Fobia sociale. Nonostante il senso di inadeguatezza, la bassa autostima, l’ipersensibilità al rifiuto e l’evitamento sociale siano presenti in tutti e due disturbi, quello che li differenzia è la dimensione dell’appartenenza. Nell’evitante una bassa autostima è legata al senso di estraneità e di non appartenenza, invece nel fobico sociale è legata alla prestazione e alla valutazione ricevuta dagli altri (Dahl, 1996).

Il Disturbo evitante di personalità va distinto dal Disturbo schizoide. La differenza principale sta nel fatto che l’evitante desidera avere rapporti e coinvolgimento sociale e ha una sensibilità verso gli altri, mentre lo schizoide è caratterizzato da distacco e freddezza nelle relazioni sociali e di una gamma ristretta di esperienze e di espressioni emotive nei contesti interpersonali (Cornoldi, Sanavio, 2001). Egli preferisce vivere nella solitudine e non relazionarsi con gli altri ed è indifferente rispetto all’accettazione o al rifiuto (Millon, 1969).

Disturbo evitante di personalità avrebbe caratteristiche in comune anche con il Disturbo dipendente. In entrambi i disturbi le persone desiderano stringere relazioni significative, ma all’interno dei rapporti provano un senso di insicurezza e di inadeguatezza. Questo porta entrambi ad essere molto accomodanti, acquiescenti e incapaci di far valere il proprio punto di vista e propri interessi. L’evitante quando riesce a stabilire una relazione, vi si attacca in maniera quasi da diventarne dipendente per il timore di rifiuto che lo porterebbe ad avere la conferma della sua immagine inadeguata ( Perris, 1993).

Trattamento e cura del Disturbo evitante di personalità

Non c’è paziente per cui non si può fare nulla anche se gli psicoterapeuti possono trovare difficoltà con questi pazienti soprattutto nel creare e mantenere una buona alleanza terapeutica, data la diffidenza di fondo che pervade i loro atteggiamenti e comportamenti.  La psicoterapia cognitiva cerca di modificare schemi interpersonali disfunzionali e comportamenti di evitamento accrescendo le abilità personali e sociali e attenuando i deficit. Lo scopo ultimo è contrastare la tendenza all’isolamento sociale delle persone con il Disturbo evitante di personalità. Per una buona riuscita nella psicoterapia è molto utile il coinvolgimento della famiglia affinchè non confermi gli schemi di base dell’evitante (Millon, Davis et al, 1996).  

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